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“Non dobbiamo prepararci solo a ciò che possiamo prevedere, ma anche a ciò che non è prevedibile“.

2011 Political Risk Map

Attraverso Twitter mi rammentano che Aon Risk Solutions, supportata dalla Oxford Analytica, ha pubblicato anche quest’anno (mi pare sia la 18esima edizione) l’interessante Political Risk Map, una mappa del rischio di 211 paesi, dei quali vengono presi in esame i seguenti fattori di rischio: inconvertibilità della valuta, trasferimenti di denaro, scioperi, rivolte, guerre civili, attività terroristiche, default dei paesi, interferenze politiche, interruzione degli approvvigionamenti, sistemi legislativi e regolamentazioni restrittive.

Dallo studio condotto quest’anno (qui la Political Risk Map del 2010), 19 paesi di quelli analizzati hanno fatto registrare un innalzamento dei livelli di rischio: Algeria, Benin, Unione delle Comore, Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Bermuda, Isole Cayman, Dominica, Grenada, Haiti, Antille, St Kitts e Nevis, St Lucia, St Vincent, Trinidad, Myanmar, Islanda, Bahrain.

Cinque nuovi paesi (Madagascar, Niger, Venezuela, Kyrgyzstan e Thailandia) hanno fatto registrare un incremento del livello di rischio politico legato al pericolo di guerre, insurrezioni, colpi di stato.

Per quanto riguarda il rischio di inconvertibilità della valuta, ovvero la presenza di norme restrittive che ostacolano i pagamenti e le attività commerciali in moneta locale, i paesi che si sono aggiunti a quelli del 2010 sono: Algeria, Burkina Faso, Repubblica Centro Africana, Chad, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Madagascar, Niger, Afghanistan, Montenegro, Lituania e Mecedonia.

Undici nuovi paesi hanno fatto registrare un elevato grado di rischio legato ad attività sovversive e terroristiche, tra cui: Angola, Chad, Belize, Austria e Bahrain.

Il rischio di default è stato il principale fattore di crescita del rischio politico in paesi quali: Antigua e Barbuda, Barbados, Bermuda, Isole Cayman, Unione delle Comore, Dominica, Groenlandia, Antille, St Lucia, St Kitts e Nevis.

Dieci nuovi paesi, tra cui Madagascar, Malawi, Uganda, presentano un alto di livello di rischio legato a sistemi legislativi obsoleti e normative restrittive.

Infine, in tre nuovi paesi (Afghanistan, Benin e Zambia) si è verificato un modesto innalzamento del rischio legato alla nazionalizzazione e statalizzazione delle imprese.

Beverly Marsden, condirettore di Aon Risk Solutions, ha detto: “Il rischio di default dei paesi è un problema di portata globale. La critica congiuntura economica degli ultimi due anni ha peggiorato la situazione, tutti i paesi con un’economia basata sul turismo ne hanno sofferto e per la prima volta anche paesi considerati stabili, come l’Islanda, devono affrontare problemi di mancata solvibilità”.

I paesi che invece presentano una diminuzione del livello di rischio sono: Kenia, Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia, Panama, Uzbekistan, Indonesia, Malesia, India.
Da aggiungere che il Brasile, la Columbia e il Messico sono riusciti ad abbassare sensibilmente il livello generale di rischio geopolitico, sfruttando al meglio le relazioni commerciali internazionali.

L’Italia, per gli analisti, resta stabile con un livello di rischiosità basso (anche se credo che il nostro paese non riesca ad attrarre investimenti esteri proprio per la mancanza di una politica industriale degna di questo nome).

Tra i lettori c’è qualcuno che ha avuto esperienze con la Political Risk Map, nel senso che si è ritrovato con i dati riportati nella stessa?

3 commenti»

  2011 Political Risk Map | studioFonzar's Blog wrote @

[…] L’articolo qui […]

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  AGirelli wrote @

Ciao Mauro,
attendo di conoscere le esperienze degli utenti con la Political Risk Map di Aon tramite il tuo blog, che possano aiutarci a migliorare questo strumento di analisi a protezione dei rischi del credito, investimenti e asset all’estero.
Per una versione interattiva, suggerisco di visitare http://www.aon.com.
Per una pratica versione 70x90cm. ca. da appendere in ufficio, ti segnalo che la prima stampa è esaurita ma che potrebbe uscirne presto una nuova, se interessati invito a contattarmi via email a andrea_girelli@aon.it
Sperando di essere stato di aiuto. Saluti.
Andrea

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  Fabio Franzolin wrote @

Ciao Mauro,
Nell’articolo del Sole24Ore del 12 Febbraio (pag.5) c’è un interessante articolo intitolato: “Ecco la mappa dei paesi a rischio”, nel quale si parla di una ricerca promossa da Sace&Sole24Ore che monitora le potenziali crisi economico-politico-sociali dei vari paesi.
Ecco tale ricerca utilizza come indici per scoprire i paesi a rischio alcuni indici:
– Indice di corruzione
– Efficienza del governo
– Indice di sviluppo umano
– Uso di internet %
– Occupazione giovanile %
– Inflazione %
– Spesa per gli alimenti (% su stipendio)
– Violenza politica

E risulta che paesi come Nigeria, Pakistan, Egitto, Honduras, Madagascar, Nicaragua, Algeria sono molto a rischio, per non dire critici..
Poi naturalmente parla anche di paesi con rischio di crisi valutaria molto alto (vedi Islanda, Vietnam, Turchia, Ucraina, Bulgaria, Egitto), l’indice è quello di Nomura SEMaRI.

Ecco io che sono un figlio del Cigno Nero di Taleb mi chiedo come interpretare queste mappe o ricerche.. Ad esempio come era valutato l’egitto nel 2009 e nel 2010? Era stato identificato come un potenziale paese a rischio? Io questo controllo non posso farlo perchè non ho le suddette mappe.. Ho quella del 2007 e mi dice che è un paese a Medio rischio (insomma ce ne sono molti altri più critici segnalati..)
Ecco mi piacerebbe capire se l’egitto è stato qualcosa di imprevedibile.. o era per così dire “nell’aria..”

Grazie e ciao

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